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Global Hunger Index: climate change and access to food

The new report on Global Hunger Index (GHI) with two in-depth analyses on Niger and Haiti was published by Cesvi



To strengthen the abilities of most vulnerable people, to mitigate the effects of climate change and to rethink food production systems: these are the three important indications that emerge from the Global Hunger Index, published in Italy by the NGO Cesvi.

The starting point is a clear fact: despite the fact that the global poverty indexes have improved, since 2015 until today, people who suffers from hunger increased from 785 to 822 million in the world. An increase that raises serious concerns about the possibility to fulfil, within 2030, the second SDG, “Zero Hunger”, the defeat of worldly hunger. The 2019 GHI highlights that the hunger levels of many countries are higher as compared to 2010, and around 45 of them will not be able to reach low levels of hunger within 2030. Conflicts, inequalities and the effects of climate change contributed to constantly maintaining high the levels of hunger and food insecurity in the whole world.

The global index aims at reflecting the multifaceted nature of hunger (hunger, undernourishment and malnutrition) and it is based on the available data provided by various sources. GHI scores are calculated through a three-phase process. In the first phase, the values of four indicators are determined:

1. Malnutrition: the percentage of undernourished population (that consumes an insufficient number of calories).

2. Child wasting: the percentage of children aged under 5 suffering from wasting (insufficient weigh in relation to height, a sign of acute undernourishment);

3. Child stunting: the percentage of children under 5 suffering from stunting (insufficient height in relation to age, a sign of chronic undernourishment);

4. Child mortality: the mortality rate among children under 5.

In the second phase, a standardised score is assigned to each of the four indicators. In the third phase, the standardised scores are united to calculate the GHI score for each country, by attributing the same importance to each of the three dimensions (malnutrition, child mortality and child undernourishment, equally determined by child stunting and wasting).

The report focuses on climate change, and on the impacts that it provokes especially with regard to food production: not only the succession of extreme events, but also modifications of the soil, loss of nutritional properties of cultivations, exposure of subsistence agriculture (which is poorer but also abler to safeguard the valuable biodiversity) to greater risks.

Furthermore, climate change poses a problem of inequality from four main perspectives:

1. the degree of responsibility in provoking climate change: at the moment, the poorer and those who have contributed less to climate change are paying its most immediate and serious consequences;

2. The intergenerational effects of climate change: future generations are the ones who are more exposed to risks, also if we consider the increase in the world population in the years to come;

3. The repercussions of climate change on the poorest populations of the South of the world, with the increase in number of people and especially of children who suffer from malnutrition and hunger.

4. The ability and the possibility to face the effects of climate change, especially for rural populations who live from subsistence agriculture.

Next to climate change and the possible strategies to fight it, one of the factors identified as a determining factor of hunger and malnutrition is represented by wars and armed conflicts. Nevertheless, as shown by various cases (among them, Rwanda), even the worse situations can be improved with the return to peace and stability. Another best practice is represented by Bangladesh, where the hunger indexed improved thanks to integrated measures for improvement of cultivations, basic education and of hygienic services. Read more HERE.

ITALIAN


Indice Globale della Fame: cambiamento climatico e accesso al cibo

Pubblicato da Cesvi il nuovo rapporto sul Global Hunger Index con due approfondimenti su Niger e Haiti

Rafforzare le capacità dei più vulnerabili, mitigare gli effetti di un clima che cambia e ripensare i sistemi di produzione alimentare: sono queste le tre importanti indicazioni che emergono dall’Indice Globale della Fame (Global Hungry Index), pubblicato in Italia dalla Ong Cesvi.

Si parte da un dato ormai acclarato: nonostante gli indici globali di povertà siano migliorati, dal 2015 a oggi le persone che soffrono la fame sono aumentate, da 785 a 822 milioni nel mondo. Un aumento che mette in seria discussione la possibilità di raggiungere, entro il 2030, l’SDG n.1, “Zero Hunger”, sconfitta della fame nel mondo. L’Indice Globale della Fame (GHI) 2019 evidenzia che molti paesi hanno livelli di fame più elevati rispetto al 2010 e circa 45 non riusciranno a raggiungere bassi livelli di fame entro il 2030. I conflitti, le disuguaglianze e gli effetti dei cambiamenti climatici hanno contribuito a mantenere costantemente elevati i livelli di fame e insicurezza alimentare in tutto il mondo.

L’indice globale è volto a riflettere la natura multidimensionale della fame (fame, sottonutrizione e malnutrizione) ed è basato sui dati disponibili provenienti da varie fonti. I punteggi di GHI vengono calcolati tramite un processo in tre fasi. Nella prima fase si determinano per ogni paese i valori di quattro indicatori:

1. Denutrizione: la percentuale di popolazione denutrita (che assume un numero di calorie insufficienti);

2. Deperimento Infantile: la percentuale di bambini di età inferiore ai 5 anni affetta da deperimento (peso insufficiente in rapporto all’altezza, indice di sottonutrizione acuta);

3. Arresto della crescita infantile: la percentuale di bambini di età inferiore ai 5 anni affetta da arresto della crescita (altezza insufficiente in rapporto all’età, indice di sottonutrizione cronica);

4. Mortalità Infantile: il tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei 5 anni.

Nella seconda fase si assegna a ciascuno dei quattro indicatori un punteggio standardizzato. Nella terza fase si aggregano i punteggi standardizzati per calcolare il punteggio di GHI per ogni paese, assegnando lo stesso peso a ciascuna delle tre dimensioni (denutrizione, mortalità infantile e sottonutrizione infantile, determinata in egual misura dall’arresto della crescita e dal deperimento infantili).

Il rapporto si concentra sul cambiamento climatico, e sugli impatti che esso provoca soprattutto nei confronti della produzione alimentare: non solo alternarsi di eventi estremi, ma anche modifiche al suolo, perdita di proprietà nutritive delle colture, esposizione delle agricolture di sussistenza (più povere ma anche più capaci di salvaguardare la preziosa biodiversità) a maggiori rischi.

Il cambiamento climatico pone inoltre un problema di disuguaglianza da quattro punti di vista fondamentali:

1. il grado di responsabilità nel provocare il cambiamento climatico: in questo momento, sono i più poveri e coloro che meno hanno contribuito al cambiamento climatico a pagarne le conseguenze più immediate e più gravi;

2. gli effetti intergenerazionali del cambiamento climatico: le generazioni future sono quelle maggiormente messe a repentaglio, anche in considerazione dell’aumento della popolazione mondiale nei prossimi anni;

3. le ripercussioni del cambiamento climatico sulle popolazioni più povere del sud del mondo, con l’aumento del numero di persone e soprattutto di bambini che soffrono denutrizione e fame

4. la capacita e la possibilità di far fronte agli effetti del cambiamento climatico, soprattutto per le popolazioni rurali che vivono di agricoltura di sussistenza

Accanto al cambiamento climatico e alle possibili strategie per contrastarlo, uno dei fattori individuati come determinanti di fame e malnutrizione è costituito dalle guerre e dai conflitti armati. Tuttavia, come dimostrano molti casi (tra gli altri, Ruanda) anche le situazioni peggiori possono migliorare con il ritorno della pace e della stabilità. Altra best practice presentata è il Bangladesh, dove gli indici della fame sono migliorati grazie a azioni integrate di miglioramento delle colture, dell’educazione di base, dei servizi igienici.


SPANISH

Índice Global del Hambre: cambio climático y acceso a los alimentos

Cesvi publica el nuevo informe sobre el Índice Global del Hambre con dos análisis en profundidad sobre Níger y Haití

Fortalecer las capacidades de los más vulnerables, mitigar los efectos del cambio climático y replantear los sistemas de producción de alimentos: estas son las tres indicaciones importantes que se desprenden del Índice Global del Hambre (Global Hunger Index), publicado en Italia por la ONG Cesvi.

El punto de partida es ahora un dato claro: a pesar de que los índices globales de pobreza han mejorado, desde 2015 hasta hoy el número de personas que padecen hambre ha aumentado de 785 a 822 millones en el mundo. Un aumento que cuestiona seriamente la posibilidad de cumplir, para 2030, el segundo ODS “Hambre cero”, erradicación del hambre en el mundo. El Índice Global del Hambre (GHI, por su sigla en inglés) 2019 pone de relieve que muchos países tienen niveles de hambre más elevados con respecto a 2010 y alrededor de 45 no lograrán alcanzar niveles bajos de hambre para 2030. Los conflictos, las desigualdades y los efectos del cambio climático han contribuido a mantener niveles constantemente elevados de hambre e inseguridad alimentaria en todo el mundo.

El índice global está diseñado para reflejar la naturaleza multidimensional del hambre (hambre, desnutrición y malnutrición) y está basado en los datos disponibles procedentes de diversas fuentes. Las puntuaciones del GHI se calculan mediante un proceso de tres fases. En la primera fase se determinan los valores de cuatro indicadores para cada país:

1. Desnutrición: porcentaje de población desnutrida (que ingiere un número insuficiente de calorías);

2. Emaciación infantil: porcentaje de niños menores de 5 años que padecen emaciación (peso insuficiente respecto a la altura, índice de desnutrición aguda);

3. Retraso del crecimiento infantil: porcentaje de niños menores de 5 años que padecen retraso del crecimiento (estatura insuficiente respecto a la edad, índice de desnutrición crónica);

4. Mortalidad infantil: tasa de mortalidad de niños menores de 5 años.

En la segunda fase se asigna a cada uno de los cuatro indicadores una puntuación estandarizada. En la tercera fase se añaden las puntuaciones estandarizadas para calcular la puntuación del GHI para cada país, dando el mismo peso a cada una de las tres dimensiones (desnutrición, mortalidad infantil y desnutrición infantil, determinada en igual medida por el retraso del crecimiento y la emaciación infantil).

El informe se centra en el cambio climático y sus repercusiones en la producción de alimentos: no solo la alternancia de fenómenos extremos, sino también los cambios en el suelo, la pérdida de nutrientes de los cultivos, la exposición de las agriculturas de subsistencia (más pobres, pero también más capaces de preservar la valiosa biodiversidad) a mayores riesgos.

El cambio climático también plantea un problema de desigualdad desde cuatro puntos de vista fundamentales:

1. el grado de responsabilidad de la causa del cambio climático: en la actualidad, los más pobres y los que menos han contribuido al cambio climático son los más afectados por las consecuencias más inmediatas y graves;

2. los efectos intergeneracionales del cambio climático: las generaciones futuras son las más expuestas, también en vista del aumento de la población mundial en los próximos años;

3. las repercusiones del cambio climático en las poblaciones más pobres del sur del mundo, con un aumento del número de personas y especialmente de niños que padecen desnutrición y hambre.

4. la capacidad y la posibilidad de hacer frente a los efectos del cambio climático, especialmente para la población rural que vive de la agricultura de subsistencia.

Junto con el cambio climático y otras posibles estrategias para combatirlo, uno de los factores identificados como determinantes del hambre y la malnutrición son las guerras y los conflictos armados. Sin embargo, como demuestran muchos casos (entre ellos, Ruanda) incluso las peores situaciones pueden mejorar con el retorno de la paz y la estabilidad. Otra buena práctica presentada es Bangladesh, donde los índices de hambre han mejorado gracias a las acciones integradas para mejorar los cultivos, la educación básica y el saneamiento.



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